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SMART CONTRACT E DIRITTO D’IMPRESA

Avete mai sentito parlare degli smart contract? La nomenclatura può fuorviare. Infatti, non si tratta di contratti digitali, bensì di veri e propri protocolli informatici basati sulla tecnologia blockchain. Da un punto di vista giuridico non hanno ancora una qualificazione univoca. Oggi proviamo a conoscere insieme questo argomento, utile soprattutto ad aziende e titolari di e-commerce.

Smart contract e contratto tradizionale

Gli smart contract per certi aspetti possono essere considerati come dei contratti tradizionali, oppure come dei mezzi di esecuzione del contratto. 

La definizione normativa di smart contract è contenuta nell’art. 8-ter decreto semplificazioni 2019, ai sensi del quale “si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. 

Purtroppo ancora si deve fare chiarezza sull’argomento. Quello che per adesso possiamo dire di questi protocolli informatici è che taluni hanno ritenuto gli smart contract come assimilabili ad un tertium genus contrattuale, in cui il contratto verrebbe a concludersi non per effetto dello scambio di volontà tra le parti o della consegna della cosa, bensì per mezzo della validazione diffusa dell’operazione da parte dei nodi della blockchain.

Cos’è la blockchain?

Letteralmente significa “catena di blocchi”. Si tratta di una rete informatica che gestisce in maniera univoca e sicura un registro pubblico composto da dati e informazioni. 

Nella pratica, la tecnologia blockchain può agevolare e rendere più sicuro il controllo degli scambi commerciali e dei pagamenti. Ed infatti, la blockchain consente di dare vita ad un registro di regola immodificabile e inalterabile, che tiene traccia di tutte le transazioni concluse e contenute ciascun blocco.

In questo contesto si vanno ad inserire gli smart contract, che, secondo taluni studiosi, risulterebbero composti da una parte informatica e una giuridica. Per alcuni, viste queste loro caratteristiche, gli smart contracts potrebbero essere inseriti nella categoria dei contratti cibernetici.

I contratti cibernetici sono quei contratti in cui un “agente software” interferisce autonomamente nella fase di formazione del contratto. Tramite questo agente gli smart contract possono essere eseguiti in automatico una volta che vengono inseriti nella blockchain.

Smart contract e principio consensualistico

Abbiamo visto che gli smart contract eseguono in modo più o meno automatico i comandi di chi li programma. Si auto-eseguono, ma non si auto-concludono. 

Infatti, anche nello smart contract sono le parti a doversi accordare sul contenuto del contratto e, dunque, sugli effetti che dovranno prodursi al momento della sua esecuzione.

Ma cosa dice la normativa in merito? Il secondo comma dell’art.8-ter del Decreto Semplificazioni 2019 sembra affermare che il contratto avrebbe forza di legge fra le parti solo dal momento della sua esecuzione. 

Come funziona?

Le fasi di stipula dello smart contract sono le seguenti. Punto primo: l’accordo tra le parti. Due parti stipulano un vero e proprio contratto, il cui contenuto viene tradotto in linguaggio informatico e trascritto sulla blockchain.

Per capirci meglio, mettiamo che due parti si accordino stipulando una polizza assicurativa. Clausole particolari, come le condizioni e gli effetti desiderati in merito al rimborso all’assicurato, verranno descritti all’interno dello smart contract e, al verificarsi delle condizioni indicate, il rimborso potrà, ad esempio, essere automatizzato.

Quando uno smart contract viene trascritto all’interno della blockchain si innesca un meccanismo di verifica del contratto. Una volta verificati i dettagli, lo smart contract viene reso esecutivo dall’insieme dei partecipanti sulla base dei parametri concordati. 

Il blocco, il mining e la catena

La rete dei dispositivi interconnessi garantisce il mantenimento, l’accessibilità e il corretto aggiornamento del registro condiviso, denominato ledger. Lo smart contract entra a far parte di un blocco, identificato con un codice hash. Questo codice viene validato dai partecipanti alla blockchain.

Il meccanismo che va a validare il contenuto dello smart contract stipulato viene definito proof-of-work (POW). Consiste nel creare un enigma matematico connesso al codice del blocco la cui soluzione deve essere trovata da colui che viene definito “miner” (minatore).

Il miner è quindi colui che trova la soluzione, registra il contratto e ottiene una remunerazione da chi sottoscrive il contratto. Una volta che il blocco è stato risolto e registrato viene inserito in una catena immutabile e certificata. Lo smart contract è ufficialmente presente sulla piattaforma blockchain e non può essere modificato.

L’oracolo e l'esecuzione

Una cosa importante da sapere sulla blockchain è che non può accedere a dati esterni alla rete. Su questo interviene un nuovo elemento: l’oracolo. Si tratta di un agente terzo - spesso un’applicazione - che informa lo smart contract appena la condizione esterna si verifica. 

Un esempio sono le stipule di contratto legate alla compravendita di voli nazionali ed internazionali. Il contratto implica che l’utente possa volare su una determinata tratta. Se però il volo è in ritardo, al contribuente spetta un rimborso. Per controllare e rendere ufficiale il rimborso, lo smart contract deve essere informato sul perché le condizioni contrattuali sono venute meno (nel caso del volo, un ritardo o una cancellazione).

Ricevuto l’input dall’oracolo scatta in automatico la clausola “if/then” scritta in linguaggio informatico. Lo smart contract tra le parti si autoesegue.

In conclusione

Usufruire di questi protocolli informatici significa dare valore e creare le condizioni adatte alla risoluzione di problemi tra due parti che si accordano per realizzare un progetto.

Lo smart contract aiuta i titolari d’azienda a tutelarsi e viceversa tutela i consumatori in caso di mancata fornitura di un servizio o di problemi con un prodotto acquistato. 

Tramite la blockchain tutto viene scritto e registrato telematicamente, il che rende immutabile e certificato l’accordo tra le parti che legalmente hanno gli strumenti alla mano per rivalersi l’uno sull’altro o viceversa nel caso in cui insorgano problemi sull’esecuzione di ciò che viene descritto dal contratto.

Se hai bisogno di saperne di più sull’argomento o sei alla ricerca di una consulenza legale per ottenere un risarcimento, utilizza il form contatti qui sotto per fissare una call conoscitiva gratuita.

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RECUPERO CREDITI: COME FUNZIONA?

Parliamo di un argomento spinoso. Una procedura di cui pochi conoscono le dinamiche e che riguarda sia aziende che liberi professionisti.

Se ti trovi nella situazione di dover recuperare un credito dovuto da un debitore continua a leggere e scarica il file PDF che trovi cliccando sul pulsante in basso. Un contenuto gratuito che ti aiuterà a fare chiarezza e a capire se hai bisogno di una consulenza legale.

Cos’è il recupero crediti?

Tramite la procedura del recupero crediti si ha come obiettivo quello di recuperare un pagamento insoluto.

Per far questo ci si affida ad un legale e si inizia con lo spedire al debitore una lettera di diffida. Solitamente questo documento viene inviato a chi deve i soldi dopo che sono fallite le trattative preliminari.

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Infatti, prima di tutto, si cerca di parlare con la persona che ha mancato il pagamento. Si ripresentano i documenti e le scadenze che testimoniano che il pagamento doveva avvenire entro una determinata data a garanzia di un prodotto o servizio fruito.

Cosa succede se la diffida non funziona?

Se anche la diffida non funziona, si avviano le pratiche per agire in via giudiziaria. Tramite questa procedura si ottiene un titolo esecutivo che obbliga per legge il debitore a saldare il creditore.

 

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Per scoprire come procedere e quali sono le vie legali di cui vi sto parlando, vi lascio di seguito il pulsante da cui poter scaricare il pdf gratuito che ho creato per voi.

 

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COPYRIGHT FREE E TUTELA DELL’OPERA DIGITALE

Oggi voglio parlarvi del diritto d’autore e di come poter tutelare una vostra opera (in particolare se fotografica o digitale) da eventuali riproduzioni non autorizzate o utilizzi illeciti.

 

Cos’è il diritto d’autore? 

 

Il diritto d’autore ha ad oggetto la tutela della creatività. Chi utilizza la propria creatività per lavorare deve assicurarsi che vengano tutelati i suoi diritti sull’opera. 

Nell’ordinamento giuridico italiano la protezione dell’opera è tutelata dalla Legge n. 633 del 22 aprile del 1941. Tale legge tutela le opere dell'ingegno a carattere creativo di settori quali la letteratura, la musica, le arti figurative, l’architettura, il teatro, il cinema, la fotografia, nonché ciò che viene creato tramite programmi informatici.

 

Perché si tutela il diritto d’autore?

 

Un’opera è considerata creativa nella misura in cui è nuova ed originale. L’opera è nuova quando non costituisce la copia di opere preesistenti; è originale quando costituisce l’espressione della personalità dell’autore.

A condizione, pertanto, che l’opera sia contraddistinta dal requisito della creatività, essa potrà essere tutelata dal diritto d’autore. In particolare, detta tutela prevede l’esercizio, da parte di artisti e creator, di diritti di natura sia morale che patrimoniale.

I diritti di natura morale sono i diritti esclusivi riconosciuti in maniera perpetua in capo all’autore dell’opera. Essi sono inalienabili, imprescrittibili e irrinunciabili e sono costituiti dal:

  • diritto alla paternità dell’opera, ossia il diritto di essere pubblicamente riconosciuto come autore dell’opera;
  • diritto di inedito, cioè il diritto di decidere se pubblicare o meno l’opera;
  • diritto di pentimento, ossia il diritto di ritirare l’opera dal commercio;
  • diritto all’integrità dell’opera, cioè il diritto di opporsi in qualsiasi momento ad eventuali modifiche alla propria creazione.

I diritti di natura patrimoniale, al contrario dei diritti morali, sono cedibili e possono trasmetteri per successione agli eredi dell’autore, alla morte di quest’ultimo. Essi sono inoltre rinunciabili e limitati nel tempo. Tra di essi, troviamo:

    • i diritti di pubblicazione, riproduzione e trascrizione dell’opera;
    • i diritti di esecuzione, rappresentazione e recitazione in pubblico dell’opera;
    • il diritto di comunicazione al pubblico;
  • il diritto di distribuzione dell’opera;
  • i diritti di traduzione, elaborazione e modifica;
  • i diritti di noleggio e prestito.

E il Copyright? E’ differente? Anche se molti pensano che diritto d’autore e copyright siano la stessa cosa, si sbagliano. Infatti, copyright e diritto d’autore hanno oggetto e perimetro differenti.

 

Copyright e diritto d’autore

 

Abbiamo visto che la Legge n. 633/1941 garantisce all’autore la tutela dell’opera dal punto di vista sia patrimoniale che morale. Quindi, l’autore ha ad esempio l’esclusiva dei diritti di sfruttamento economico della sua opera e potrà eventualmente stabilirne il prezzo in un’eventuale compravendita, ma potrà anche rivendicare in qualsiasi momento la paternità di quest’opera quale diritto inalienabile ed intrasmissibile ad esso spettante.
 
Il termine copyright è, invece, mutuato dalla normativa statunitense in materia di diritto d’autore. A differenza della normativa italiana, la legge statunitense è maggiormente improntata alla tutela dei diritti economici dell’autore, piuttosto che ai diritti morali. 
 
In ogni caso, copyright e diritto d’autore si acquistano sin dal momento stesso della creazione dell’opera, e non mediante il deposito della stessa. Ciò non toglie, in ogni caso, che il deposito dell’opera può comunque rivestire un’utilità rilevante per l’autore quanto alla capacità di dimostrare la titolarità della creazione.
 

Copyright e Copyleft

 

Nell’era di Internet la questione del diritto d’autore e del copyright si è fatta mano mano sempre più spinosa e difficile da inquadrare. Ecco perché è nato il copyleft, ovvero un modello di gestione dei diritti d'autore basato su un sistema di licenze.

Attraverso tali licenze l’autore consente a terzi la possibilità di utilizzare la sua opera. L’autore potrà ad esempio autorizzare il terzo a riprodurre l’opera, diffonderla o anche modificarla. 

In pratica, il copyleft è una deroga al diritto d’autore. L’autore decide quali diritti cedere a terzi, e di quali diritti, al contrario, riservarsi la titolarità esclusiva.

 

Gratis NON significa copyright free

 

Spesso sul web vengono individuati contenuti gratuiti ed erroneamente l’utente se ne appropria, credendo libero l’utilizzo. In realtà, il fatto che un contenuto sia gratuito non significa affatto che l’autore ne abbia autorizzato l’utilizzo indiscriminato e per qualsiasi finalità. 

Un esempio sono le immagini o le grafiche. In molti scaricano copie di immagini prese da Google per utilizzarle sui propri siti, blog o social network. In pratica, effettuano il download dell’originale e lo usano come se fosse proprio.

Anche in questo caso, prima di utilizzare l’opera e rischiare di incorrere in possibili violazioni del diritto d’autore, è necessario andare a verificare il contenuto delle licenze di utilizzo rilasciate dall’autore sull’opera al fine di conoscere se (e a quali condizioni) l’opera può essere utilizzata dalla generalità degli utenti web.

Ci saranno, ad esempio, contenuti liberamente utilizzabili. In altri casi, invece, l’autore potrebbe aver deciso di vietare l’utilizzo dell’opera per finalità commerciali.

Per evitare, pertanto, di incorrere in violazioni del diritto d’autore, quando si utilizzano immagini prese su Internet è necessario verificare con attenzione se esse risultano coperte da tutela e se esistono licenze che ne autorizzano l’utilizzo, e a quali condizioni. Viceversa, l’utilizzatore dell’immagine potrebbe violare i diritti da cui la stessa risulta coperta ed esporsi al rischio di possibili richieste di risarcimento del danno da parte dell’autore.

 

Il diritto d’autore sulle fotografie

 

La storia del diritto d’autore su foto e/o immagini grafiche ha visto questa tipologia di opere essere ignorate dal legislatore per moltissimo tempo. Infatti, è solo con il D.P.R. n. 19 del 1979 che viene estesa la tutela garantita dalla legge sul diritto d’autore anche a questa tipologia di opere creative.

Tutt’oggi capita di scaricare da Internet fotografie e immagini protette. Non solo: una fotografia può ritrarre, a sua volta, un’opera tutelata dal diritto d’autore e potrebbe, quindi, non essere idonea per una eventuale pubblicazione online.

 

La fotografia è davvero un’opera d’ingegno?

 

Si, la foto scattata da un fotografo è un’opera di cui chi l’ha scattata è tutelato a tutti gli effetti dalla legge sul diritto d’autore.

A prescindere dal contenuto della foto, lo scatto è riconosciuto come una creazione dell’ingegno se e in quanto presenti il requisito di creatività richiesto ai sensi dell’art. 1, comma 1, e 2, n. 7, della legge sul diritto d’autore.

Laddove poi la fotografia non superi la soglia di creatività suddetta, tale da conferirle la tutela autorale, ciò nonostante al fotografo è comunque attribuito il diritto esclusivo di riprodurre e diffondere l’opera per un periodo di venti anni dalla sua realizzazione ai sensi dell’art. 92 l.d.a. Ciò, a patto che siano rispettate le prescrizioni di cui agli artt. 87 e ss. della legge sul diritto d’autore e, in particolare, che la fotografia riporti il nome dell’autore, la data dell’anno di produzione della foto ed il nome dell’autore dell’opera d’arte fotografata (se la fotografia ha ad oggetto l’opera creativa di un terzo).

 

In conclusione

 

L’utilizzo di contenuti creativi sul web, come sopra visto, non può avvenire in maniera indiscriminata, ma consapevolmente, al fine di evitare possibili richieste risarcitorie per aver violato gli altrui diritti d’autore. Al tempo stesso, i creatori di opere dell’ingegno possono tutelarsi dal rischio che le loro rappresentazioni artistiche vengano utilizzate in maniera abusiva ed incontrollata.

Se sei un autore e vuoi diffondere la tua opera online senza sorprese, oppure sei un utente che vuole utilizzare contenuti online in maniera sicura, ti aspetto al link qua sotto per una prima call conoscitiva gratuita.

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FORM CONTATTI A NORMA DI GPDR

Oggi vediamo come il GDPR influenzi la pratica della raccolta dati personali utente tramite l’utilizzo del form contatti. Se hai un sito e hai inserito il pulsante “Iscriviti alla Newsletter” o ancora “Lascia i tuoi dati e verrai ricontattato” devi assolutamente leggere questo articolo e controllare di aver seguito i giusti accorgimenti legali.

GDPR e form contatti

Quando sul tuo sito richiedi ad un utente di mettersi in contatto con te inserendo il proprio nome e cognome, o ancora lo inviti ad iscriversi ad una newsletter chiedendogli di lasciarti il suo indirizzo mail, stai raccogliendo i suoi dati personali in qualità di Titolare del trattamento

Ciò implica che troverà, conseguentemente, applicazione la disciplina di cui al Regolamento UE 679/2016 (GDPR) in materia di tutela dei dati personali.

Pertanto, se nella creazione del form contatti sul tuo sito o sui tuoi canali social non rispetti le regole imposte dal GDPR, rischi di incorrere in pesanti sanzioni, fino al 4% del fatturato annuo della tua azienda.

Quando è davvero necessario il consenso dell'utente?

Il consenso dell’utente non è sempre necessario. Di regola, va richiesto quando si intende trattare i dati personali dell’utente per finalità di marketing, come ad esempio per l’iscrizione ad una newsletter in cui l’utente riceverà promozioni, offerte e contenuti gratuiti o a pagamento.

Non è invece obbligatorio richiedere il consenso dell’utente quando il trattamento può configurarsi come lecito in relazione alle altre basi giuridiche previste dall’art. 6 GDPR.

Per esempio, per le attività di trattamento relative all’esecuzione di un contratto, l’adempimento di un obbligo di legge oppure l’esecuzione di un compito di interesse pubblico, il GDPR non obbliga il brand o l’azienda a richiedere il consenso dell’ utente. 

Se, pertanto, un utente decide di compilare un form di contatto con i propri dati personali (es. nome, cognome e indirizzo email) al fine di effettuare il download di un contenuto gratuito (come un PDF), in tal caso il trattamento dei dati sarà lecito in quanto effettuato per eseguire un servizio espressamente richiesto dall’utente (ossia, il download del materiale in omaggio).

Attenzione però: in un’ipotesi del genere, il Titolare del trattamento non potrà utilizzare i dati raccolti per finalità diverse e non strettamente connesse a quelle di erogazione del servizio richiesto. Il Titolare non potrà, ad esempio, utilizzare i dati dell’utente per finalità di marketing, per il perseguimento delle quali si renderà necessaria la raccolta di uno specifico ed espresso consenso da parte dell’utente.

In generale, il GDPR prescrive di adottare la massima trasparenza nell’informativa resa ai sensi degli artt. 13 e 14 GDPR, che dovrà sempre esplicitare in maniera chiara le finalità per cui i dati dell’utente verranno trattati, nonché le relative modalità di trattamento. Il linguaggio dell’informativa deve essere semplice e conciso. Non dimenticare, inoltre, di indicare le generalità del Titolare del trattamento e gli eventuali terzi che tratteranno i dati dell’utente per suo conto, oltre che l’ulteriore contenuto minimo prescritto dagli artt. 13 e 14 GDPR.

Form contatti e “doppio opt-in”

Nei casi in cui si rende necessario raccogliere il consenso dell’utente non debbono essere utilizzate checkbox pre-selezionate. Ciò, infatti, priverebbe il consenso dei requisiti richiesti dall’art. 4 GDPR, il quale prescrive che per «consenso dell'interessato» si intende “qualsiasi manifestazione di volontà libera, specifica, informata e inequivocabile dell'interessato, con la quale lo stesso manifesta il proprio assenso, mediante dichiarazione o azione positiva inequivocabile, che i dati personali che lo riguardano siano oggetto di trattamento”.

Gli utenti devono infatti poter scegliere di dare il consenso al trattamento dei loro dati con un’azione esplicita.

Ancorché il GDPR non impone di adottare una procedura di acquisizione del consenso mediante “doppio opt-in”, essa è da ritenersi in ogni caso la modalità da prediligere.

Il c.d. “doppio opt-in” consiste infatti in un processo in 2 fasi in cui l’utente prima compila il form e invia la richiesta, poi riceve una mail di conferma all’indirizzo da lui rilasciato in cui fare click per completare l’iscrizione. 

Si tratta senza dubbio del modo più sicuro per gestire una mailing list. Ed infatti, in questo modo il Titolare del trattamento sarà maggiormente tutelato perché l’utente avrà espressamente dato il suo consenso attraverso una doppia azione (prima sul sito e dopo tramite la propria casella di posta). In secondo luogo, sarà sicuro che il form contatti non è stato compilato da un bot, ma da una persona reale. Ciò assicura, di fatto, la genuinità dei consensi raccolti. Infine, tale modalità di acquisizione del consenso presenta dei notevoli vantaggi per il Titolare anche sotto il profilo della documentabilità del consenso raccolto e, dunque, del c.d. principio di accountability.

Privacy policy… a parte!

Ricorda di separare le caselle di richiesta del consenso dati per specifiche finalità (es. di marketing) da quella di presa visione e accettazione della privacy policy del tuo sito. Anche tale casella, naturalmente, non dovrà essere pre-spuntata e dovrà contenere il link di rinvio alla tua privacy policy.

La privacy policy è, infatti, l’informativa privacy per il tuo sito web, ossia il documento che deve necessariamente essere presente su di esso, con cui comunichi all’utente come tratterai i suoi dati.

Form contatti e procedura di revoca

Qualcuno potrebbe iscriversi alla tua newsletter, ma volersi poi cancellare dalla sottoscrizione dopo qualche tempo. Per questo dovrai rendere la procedura di revoca del consenso semplice e fruibile dall’utente in qualsiasi momento.

L’utente ha infatti sempre il diritto di poter revocare la sua iscrizione e tu dovrai indicare sin da subito le modalità con cui l’utente potrà farlo (ad esempio, mediante apposito link da inserire nel piè di pagina della newsletter stessa).

Per imparare a muoverti in questo campo e ampliare la tua possibilità di engagement in maniera legale, richiedi una consulenza specifica. 

Prenota una CALL CONOSCITIVA qui Contact

 

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DIRETTIVA OMNIBUS: COSA CAMBIA PER L’E-COMMERCE

Quali sono le tutele a disposizione dei consumatori dopo l’implementazione della Direttiva Omnibus? Che cosa cambia per chi ha un e-commerce? Lo scopriamo in questo articolo in cui vi parliamo dell’applicazione delle regole UE per la protezione di chi compra. 
 

Tutto parte nel maggio 2022…

 
O meglio, tutto sarebbe dovuto partire a maggio 2022. Infatti, la nuova Direttiva Omnibus in materia di Diritto del Consumatore avrebbe dovuto trovare applicazione già dallo scorso 28 maggio. In realtà si è dovuto attendere un bel po’, perché ad agosto dello scorso anno ancora non risultava attivo nessun provvedimento nazionale di adeguamento normativo in merito.
 
Dopo diversi mesi di dubbi e stallo, ecco che con il 2023 arriva l’approvazione (in esame preliminare) tanto attesa del decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2019/2161 (Omnibus, appunto) dedicata alla modifica di altre pregresse Direttive in materia di consumo, destinata a chi lavora nel settore commercio.
 
L’obiettivo principale di questa Direttiva è migliorare e modernizzare le norme UE volte alla tutela dei consumatori che acquistano online. 
 

Cosa prevede la Direttiva Omnibus 

 
Il testo di legge del decreto legislativo di attuazione della Direttiva modifica di fatto parte del Codice del Consumo. Infatti, va ad aggiornare ed innovare la questione della vendita dei beni online, inserendo anche contenuti e servizi digitali nella lista di ciò che deve essere venduto o proposto al potenziale consumatore secondo le nuove regole.
 
L’idea è quella di rendere il mercato dei beni acquistabili in Internet un porto sicuro per ogni tipologia di consumatore, dal più attento al meno scaltro. La Direttiva Omnibus, infatti, va ad inserirsi nel quadro di “assicurazione di un elevato livello di protezione dei consumatori”, prerogativa richiesta dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. 
 
Prerogativa che nasce in seguito alle carenti e disomogenee tutele nazionali. In pratica, si viene incontro a chi compra e si pone anche eventuali rimedi per risolvere problematiche come i resi e/o l’acquisto di servizi che poi non possono essere erogati.
 

Testo della Direttiva e prescrizioni applicabili

 
Vediamo ora nel dettaglio cosa prevede il testo della Direttiva Omnibus e quali sono le prescrizioni applicabili. In particolare ci soffermeremo sui primi 4 articoli del testo, ovvero i più rilevanti.
 
Il primo articolo parla dell’adeguamento del ventaglio sanzionatorio. La Direttiva introduce un adeguamento delle sanzioni previste dalla normativa a tutela dei consumatori. Finora si era ritenuto infatti che le cifre richieste fossero inadeguate, per questo da adesso vengono forniti dei parametri più specifici con cui individuare e quantificare specifiche sanzioni nazionali.
 
Le sanzioni potranno essere di tipo pecuniario ed inflitte tramite procedimento amministrativo o giudiziario (o anche tramite entrambe le tipologie di procedimento). L’importo massimo sarà pari ad almeno il 4% del fatturato annuo del venditore o fornitore. 
 
All’articolo 2 si parla invece di innovazione. Qui si va ad introdurre la disciplina degli sconti. Da adesso legalmente parlando verranno definiti “annunci di riduzione di prezzo” e se finora non erano mai stati disciplinati per le pratiche commerciali online, adesso vengono imposte delle regole ben precise.
 
Chi pubblica un articolo scontato sul suo e-commerce dovrà infatti mettere in evidenza anche il prezzo (pieno) applicato a quel prodotto nei 30 giorni precedenti allo sconto. Qui viene anche descritta come pratica commerciale ingannevole la mancata indicazione della natura di annuncio a pagamento del risultato fornito al consumatore in risposta ad una ricerca effettuata online.
 

Pratiche commerciali ingannevoli: Art. 3 

 
Nell’articolo 3 si continua a parlare di pratiche commerciali ingannevoli. Qui vengono citate le recensioni fasulle create per creare engagement ad un profilo e attuare una risposta automatica all’acquisto in una nuova fascia di consumatori.
 
Inoltre, si parla di promozione di un bene come identico ad un bene commercializzato in altri Stati membri. In pratica, se spacci per simile o uguale un prodotto con composizione e caratteristiche diverse stai commettendo un illecito. 
 

Art. 4: trasparenza informativa

 
Nell’articolo 4 della Direttiva Omnibus si parla invece di trasparenza informativa. Più nello specifico, del diritto di recesso e di altri diritti affini che i consumatori hanno per tutelarsi da contratti firmati a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali di un’azienda.
 
Affine alla tematica della trasparenza informativa c’è la questione della rivendita di biglietti per eventi: se effettuata con sistemi automatizzati volti ad eludere le norme applicate all’acquisto degli stessi, si sta commettendo una pratica commerciale ingannevole. Ci deve essere, in sostanza, trasparenza non solo su com’è fatto l’oggetto o il servizio che si propone, ma anche su come lo si vende online. 
 
Se dopo aver letto il mio approfondimento su questa tematica hai ancora qualche dubbio su come vendere online i tuoi prodotti o servizi in maniera legale e trasparente, puoi usare il form contatti per fissare una Call conoscitiva cliccando qui Contact
 
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Via di Montalbano 65
51100 Pistoia, Italia

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