contratti per i content creators

CONTRATTI PER I CONTENT CREATORS

Oggi approfondiamo il tema affrontato nel post Instagram e Facebook di questa settimana. Nel post abbiamo parlato di contratti per i Content Creators, ovvero per coloro che si occupano di creare contenuti che vengono poi divulgati digitalmente (come blogger, copywriters o ancora realizzatori di grafiche). Sapevate che prima del 2022 queste figure professionali non erano riconosciute dalla legge? Con l’approvazione del DDL Concorrenza 2021, infatti, è stata ufficialmente riconosciuta la categoria professionale dei “creatori di contenuti digitali”, gettando così le basi per il futuro inquadramento di tale attività dal punto di vista contributivo e fiscale. Vediamo quali sono le cose da valutare quando si accettano o propongono lavori in questo settore. 
 

Innanzitutto: chi sono i Content Creators?

 
Cosa si intende con il termine Content Creator? Quando si parla di Content Creators o Creators digitali ci si riferisce a quei professionisti che creano contenuti destinati alla comunicazione digitale. Appartieni a tale categoria se sei, ad esempio, un copywriter, un influencer o un realizzatore di grafiche e video. 
 
Lo scopo dell’attività dei Content Creators è quella di creare contenuti di interesse per il pubblico del committente, tali da incrementare l’engagement con la platea di utenti e followers. L’attività dei Content Creators si svolge principalmente su blog, siti web e social network. 
 

Come creare un contratto per i Content Creators

 
Se sei un libero professionista che lavora nel digitale e offre la sua creatività come servizio, le strade per essere retribuito sono tendenzialmente due: o lavori per un’agenzia, oppure lavori per soggetti singoli. 
 
Nel primo caso il contratto di collaborazione o affiliazione spesso viene predisposto unilateralmente dall’agenzia. In questo caso è importante ricordare che l’agenzia punta a fare i propri interessi, quindi a sfruttare il tuo lavoro creativo, acquisendone la piena titolarità per assicurarsene i diritti di sfruttamento anche dopo che tu avrai terminato il tuo mandato.
 
Nel secondo caso invece sei tu che proporrai la sottoscrizione di un contratto alla persona che richiede i tuoi servizi. In questo caso, ricorda che è essenziale dotarsi di un buon contratto che regolamenti in maniera esaustiva i reciproci obblighi e doveri delle parti. Questo vale soprattutto nel tuo interesse, per evitare che possibili incertezze (ad esempio, su quali attività debbano considerarsi comprese dal contratto e quali no) creino contestazioni tra le parti e, in seguito, problemi ulteriori (ad esempio, sotto il profilo della riscossione dei compensi). Valuta bene non solo la questione del copyright e della paternità delle tue creazioni, ma anche come e quanto lavorerai (ad esempio, il numero delle revisioni del tuo lavoro comprese nel preventivo; oppure il numero massimo di caratteri o parole che potrà esserti richiesto dal cliente).
 
Ricordati che lavori per quantità di contenuti e non per quantità di tempo. Quando andrai a stilare il tuo contratto, dovrai essere chiaro, in definitiva, su:
quale è il servizio richiesto; quanto tempo impiegherai per consegnare il lavoro; il compenso pattuito e le modalità di pagamento; se sono previste delle revisioni (e quante, per evitare che il cliente ti chieda di rivedere il lavoro 1000 volte); quanti contenuti dovrai creare per il tuo cliente.
 
Ricordati inoltre che il contratto dovrà riflettere l’essenza del tuo lavoro. Prediligi, pertanto, un contratto personalizzato e che tenga effettivamente conto delle concrete esigenze del tuo lavoro, piuttosto che un contratto dal contenuto standardizzato ma quasi sempre inadatto al tuo caso.
 

Content Creators & Contratti di Affiliazione

 
Uno dei contratti più utilizzati dalle aziende per lavorare con i Content Creators è il contratto di affiliazione. In questo caso parliamo soprattutto di macro e micro influencer, però questo contratto potrebbe coinvolgere anche copywriter, social media manager e tutti coloro che lavorano con i social network.
 
Cosa prevede? Principalmente la creazione di un contenuto a tema su un prodotto o servizio dell’azienda. Spesso si tratta di recensioni con video, articolo blog o foto in cui si mostra ai propri followers i vantaggi di quel prodotto o servizio.
 
Alla fine della condivisione del contenuto con la tua community inviterai i tuoi follower all’acquisto tramite codice sconto affiliato univoco rilasciato dall’azienda. Se la tua community userà il link per acquistare i prodotti del brand, tu guadagnerai una percentuale sulla vendita.
 
Problema: se i tuoi follower non acquistano tu non guadagni. Svantaggio: hai creato un contenuto di valore che ti ha portato via tempo ed energie. Adesso il contenuto è un valore aggiunto per il brand, per te è solo un caso studio (andato perso).
 
Un altro aspetto importante da valutare in questa tipologia di accordi è la possibilità di accesso o meno alle statistiche delle transazioni avvenute mediante il link rilasciato dal brand. E’ importante dotarsi di un buon contratto che permetta tale possibilità di accesso in modo da consentire il monitoraggio del rapporto contrattuale - e, conseguentemente, del profitto via via generato mediante la collaborazione, onde evitare asimmetrie informative che possano arrecarti dei danni.
 

Ci sono dei vantaggi?

 
Ovviamente. Se riesci a coinvolgere chi ti segue, più persone comprano e più tu guadagni. Inoltre, il contenuto creato potrà farti da portfolio e potrà esserti utile per il tuo personal brand perché potrai utilizzarlo in futuro per mostrare ai tuoi futuri clienti come lavori.
 

Content Creators & Contratti di Produzione di Contenuti Sponsorizzati

 
Un’altra tipologia di contratti molto diffusa nei rapporti con i content creators è quella dei contratti di sponsorizzazione. Con tali accordi un’impresa acquisisce il diritto di accostare il proprio brand ad un’attività sponsorizzata, al fine di ottenerne un guadagno in termini economici e di immagine.
 
Appartengono a questa categoria, nell’ambito della pubblicità online, i c.d. contratti di influencer marketing, con cui solitamente un influencer si impegna a promuovere i prodotti di un’azienda mediante la realizzazione di contenuti (post, video, ecc.) sui propri social network.
 
Fondamentale in queste tipologie di contratti è prestare attenzione alla normativa in materia di tutela del consumatore, ed in particolare alle disposizioni che impongono l’obbligo di palesare la natura pubblicitaria delle comunicazioni poste in essere, (utilizzando, ad esempio, le diciture Advertising/Adv., Sponsorizzato da…, ecc.), pena la possibile applicazione di sanzioni da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato o del Giurì di Autodisciplina Pubblicitaria (ciò vale anche per i contratti di affiliazione sopra visti).  
 
E’ opportuno, inoltre, che il contratto identifichi in maniera precisa quali (e quanti) contenuti l’influencer si obbliga a realizzare e a chi appartiene la titolarità dei diritti sui contenuti prodotti. Potrà inoltre essere contrattualizzato un eventuale obbligo di approvazione dei contenuti prima della loro pubblicazione da parte dell’inserzionista e la possibile applicazione di penali in caso di inadempimento al contratto.
 
Il concetto chiave è sempre lo stesso: più il contratto sarà dettagliato, minori saranno i margini di incertezza e le possibilità che da esso insorgano dei contenziosi - con conseguente perdita di tempo e di denaro per ambo le parti, oltre che la (verosimile) perdita del business.
 
Per il Content Creator, inoltre, il punto è di far valere i propri diritti. Spesso, per farlo c’è bisogno dell’aiuto e della consulenza di un esperto del settore legale. Per questo è bene affidarsi ad un avvocato o a uno studio che si occupa di legalità e contrattualistica nel mondo digitale. Con l’aiuto di questi professionisti sarai in grado di creare contratti ad hoc per far sì che il tuo lavoro venga riconosciuto e rispettato.
 
Se hai dubbi in merito, puoi fissare una Call Conoscitiva qui Contact
 
partita iva per freelance

REGIME FORFETTARIO: PARTITA IVA PER FREELANCE

Oggi vediamo un argomento del mondo fiscale. Parliamo di Regime forfettario per aprire Partita IVA come freelance. Se sei quindi un professionista del mondo digitale o lavori come content creator, questo articolo fa per te.

Partita IVA per i freelance

Partiamo da qui. La figura del freelance (o libero professionista) dopo la pandemia è diventata una delle professioni più diffuse. Purtroppo ci sono ancora tanti dubbi irrisolti sulla gestione fiscale di queste figure professionali.

Intanto, ricordo che lavorare come freelance significa aprire Partita IVA a proprio nome. Questo implica anche tutta una serie di adempimenti da rispettare. 

In questo articolo vediamo tutte le novità riguardanti il regime forfettario, che è il regime fiscale all’interno del quale si inquadrano i liberi professionisti. 

Dalla prestazione occasionale al regime forfettario

Tutti coloro che sono freelance (soprattutto nel campo del digital) potranno confermare che prima di arrivare ad aprire Partita IVA con il regime forfettario hanno utilizzato come metodo di pagamento la prestazione occasionale.

Infatti, se sei agli inizi e non fatturi fino ad un massimo di 5.000 euro annui potrai decidere di farti pagare con una ritenuta d’acconto. Tutti pensano che il passo che i liberi professionisti fanno da questa modalità alla Partita IVA sia dovuto al superamento di questo limite. 

In realtà, il punto è proprio la natura di questi due strumenti fiscali. La prestazione occasionale infatti è guidata dal principio di occasionalità, la Partita IVA dal principio di abitualità.

Cosa vuol dire? Che il servizio di un freelance che lavora con prestazione occasionale deve essere un servizio erogato UNA TANTUM. Se invece è un servizio che viene erogato e poi rinnovato, la legge ti obbliga nell’arco di poco tempo a scegliere la Partita IVA per fatturare ai tuoi clienti.

Nuovo decreto 2023 e regime forfettario 

Senza soffermarci su come funziona la ritenuta d’acconto e su come aprire Partita IVA, parliamo ora del punto di vista legale del regime forfettario. Andiamo quindi ad analizzare le regole da seguire e le novità introdotte dal nuovo decreto legge 2023.

Per chi ancora non lo sapesse vi indico una “definizione” per questo regime fiscale. Stiamo parlando dell’unico regime agevolato disponibile in Italia. Perché? Perché garantisce un’aliquota al 15% sull’imponibile, che viene ridotta al 5% per i primi 5 anni se stai avviando una nuova attività.

Nel 2023 sono state introdotte diverse novità. La prima (e forse la più importante) è l’aumento del limite di compensi e ricavi: da 65.000 euro a 85.000 euro. Attenzione però, se nell’arco dell’anno in corso superi questa soglia, l’anno successivo sarai costretto a passare al regime ordinario. 

Il nuovo governo ha poi introdotto l’obbligo di fatturazione elettronica anche per questo regime fiscale. Infatti, da luglio 2022 tutti i forfettari che durante il 2021 hanno registrato ricavi o compensi superiori a 25.000 euro dovranno fatturare elettronicamente. L’obbligo si estenderà poi a tutti con l’avvento del 2024.

E le spese?

Purtroppo le spese non sono deducibili. Ad eccezion fatta per i contributi previdenziali versati in ciascun periodo d’imposta, non potrai portate in deduzione le spese sostenute per l’esercizio della tua attività.

La prossima settimana vedremo quali sono le caratteristiche di un contratto da Freelance che fattura ai propri clienti con Partita IVA nel regime forfettario.

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cyber security

CYBER SECURITY: SAI DI COSA SI TRATTA?

Parliamo oggi di Cyber Security. Affrontiamo il tema dal punto di vista legale, vedendone anche la definizione e le tipologie. Vedremo anche i tipi di attacco informatico che la Cyber Security può aiutarti a controllare.

CHE COS’E’ LA CYBER SECURITY

La Cyber Security racchiude in sé le azioni che vengono attuate per difendere i computer e i sistemi informatici in genere da attacchi hacker. 

Può trovare applicazione in contesti diversi e si divide in diverse categorie. La prima di cui parlare è la sicurezza di rete, ovvero la difesa delle reti informatiche da attacchi criminali o da accessi non autorizzati. Qui i cyber criminali attuano spesso attacchi mirati o malware opportunistici. Vedremo tra poco le principali tipologie di attacco informatico.

Abbiamo poi :

- la sicurezza delle applicazioni, che attiene alla protezione di software e dispositivi;

- la sicurezza delle informazioni, a protezione dell’integrità e della riservatezza dei dati personali;

- la sicurezza operativa, che comprende la protezione dei processi informatici aventi ad oggetto la gestione e protezione degli asset.

TIPOLOGIE DI ATTACCO INFORMATICO

Quando di parla di attacco informatico si deve innanzitutto distinguere tra Cyber crimine e Cyber terrorismo, a seconda delle intenzioni perseguite dall’attaccante. 

Il Cyber crimine include tutti i singoli hacker o gruppi di criminali informatici che creano azioni di attacco contro i sistemi informativi altrui con l’obiettivo di chiedere un riscatto, di provocare interruzioni o disagi ad attività aziendali specifiche oppure di sottrarre dati personali.

Il Cyber terrorismo invece ha come obiettivo quello di minare la sicurezza dei sistemi elettronici per creare panico e paura, oppure per sabotarne il funzionamento per finalità strategico-militari. Come strumento il cyberterrorista usa spesso malware che vengono rilasciati tramite i social network.

STRUMENTI DI ATTACCO

Come fanno questi hacker ad attaccare i sistemi informatici? Utilizzando strumenti che mandano in tilt i pc, i dispositivi mobile e i dispositivi elettronici in genere. Tra questi i più famosi sono i malware (“malicious software”), costituiti da software che vanno a danneggiare o provocare il malfunzionamento del pc. La principale tipologia di malware, in particolare, è il ransoware, con cui solitamente si crea un blocco all’accesso del sistema informatico che può essere rimosso solo mediante il pagamento di un riscatto.

Un’altra tipologia di attacchi informatici molto diffusa è costituita dal phishing, che consiste nell’invio di comunicazioni fraudolente (ad es. una mail) contenenti  virus che possono replicarsi autonomamente allo scopo di sottrarre dati dal sistema informatico attaccato.

Un attacco DoS (Denial of Service) mira a creare un’interruzione nel servizio allo scopo di compromettere l’operatività del sistema.

Nell’attacco Man in the Middle, invece, si verifica nel caso in cui un soggetto terzo intercetti la comunicazione tra due sistemi per ottenere dati ed informazioni in maniera abusiva. Spesso per sferrare tali attacchi vengono sfruttate reti WiFi pubbliche.

CYBER SECURITY E AZIONI LEGALI

Le aziende e i professionisti che si occupano di Cyber Security hanno il compito di prevenire e combattere questi attacchi informatici. Vengono assunte da coloro che vogliono proteggere la propria identità digitale e/o i propri sistemi informatici.

Se da un lato i rischi inerenti l’utilizzo di un sistema informatico non possono mai essere azzerati,è pur vero che possono essere adottate delle misure volte a mitigare la probabilità che tali rischi si verifichino effettivamente.

Da un punto di vista sia legale che informatico, è quindi opportuno effettuare un assessment iniziale dell’attività, al fine di individuare le aree di criticità dei sistemi informativi e le possibili misure correttive da implementare per attenuare i rischi connessi. Tali misure correttive, complessivamente considerate, vanno a costituire il c.d. mitigation plan, ossia quell’insieme di azioni programmatiche volte a ridurre il rischio che un attacco informatico venga sferrato con successo.

Ma quali sono i possibili correttivi da adottare per rendere i propri sistemi informatici più sicuri?

In primo luogo, è fondamentale dotarsi di misure di protezione delle reti, tra cui l’adozione di firewall hardware e software, l’installazione di antivirus aggiornati su ogni dispositivo aziendale e l’utilizzo di una VPN (ossia una rete privata aziendale).

E’ poi importante evitare, ad esempio, che ‘tutti possano avere accesso a tutto’: è fondamentale, infatti, creare dei privilegi di accesso per ciascun utente in base al ruolo effettivamente svolto in azienda.

E’ essenziale, inoltre, che il personale aziendale sia adeguatamente formato in materia di Cyber Security, in modo da essere in grado di riconoscere, ad esempio, un tentativo di phishing, anziché caderne vittima. 

E’ necessario, inoltre, effettuare backup periodici di salvataggio dei dati e stabilire delle vere e proprie procedure di disaster recovery nel caso in cui si verifichi un attacco informatico, al fine di poter recuperare, nel più breve tempo possibile, i dati oggetto di furto.

In conclusione...

Chi si occupa di Cyber Security deve assicurare che vengano rispettati i principi di riservatezza, integrità e disponibilità dei sistemi informatici. Se questi principi venissero meno, l’utente avrebbe il diritto di rivalersi legalmente non solo nei confronti di ignoti (es. gli hacker che hanno attivato il meccanismo di attacco), ma anche contro il titolare del trattamento che doveva proteggerlo unitamente ai suoi dati.

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